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In inverno, per me un jeans.

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Qualche post fa scrivevo quanto fossi intenzionata a restare il più possibile aggrappata all'estate e ai sandali. Peccato che mi sia già dovuta arrendere all'evidenza: le temperature di questi ultimi giorni richiedono un abbigliamento diverso, il ritorno delle giacche e l'inverno ormai si avvicina veloce; tocca ammetterlo.
Sapete che se fosse per il mio ideale fantastico resterei avvolta per 365 giorni all'anno nei miei amati abiti floreali, pastello, a righe o multicolore, dalle stoffe impalpabili e dai pizzi ricamati; che a me sanno sempre di giardini verdi, mari turchesi e cieli azzurri.
Sigillate pure le lampo da gennaio a dicembre e lasciatemi lì, dentro a vestiti svolazzanti, assieme a ballerine e a borse e cappelli di paglia - ma senza il rischio di una bronchite, possibilmente.
Questo potrebbe accadere se vivessi a Lampedusa, forse, ma diventa vagamente più difficoltoso se ti ritrovi tra le nebbiose lande nordiche; che sono sempre meno nebbiose col passare degli anni, ma ancora molto per i miei standard ideali.
Ci provo ogni anno ma niente da fare: alla fine, per me non c'è calza pesante che tenga e con l'arrivo delle temperature fredde devo mettere inesorabilmente da parte gonne leggere e abiti senza maniche. E votarmi ai classici jeans, ormai diventati la mia divisa invernale.

Sfoderate quindi le enciclopedie sulla scissione atomica perché vi offro cinque minuti di compagnia in leggerezza e, visto il clima da queste parti, anche una tazza di the bollente nel servizio a pois oro.


Dicevamo. I jeans.
Capo d'abbigliamento che starà pure con tutto e su tutto, ma con cui io ho una sorta di rapporto conflittuale che risale ai tempi sempre più lontani del liceo; cioè in quel periodo in cui l'immagine che ti rimandano gli specchi inizia improvvisamente a non sembrarti più quella tanto sperata e i confronti mentali con chi ti sta attorno cominciano ad essere impietosi.
Jeans e scarpe sportive erano praticamente la mia divisa, ma con qualche problema dato da due semplici fattori: larghezza e lunghezza.
Perché trovare la giusta taglia quando sei in formato tascabile è tutto fuorché scontato e se fatico ora, che mi avvio sempre più verso l'abbonamento alla bocciofila, immaginiamo quando mi avviavo semplicemente verso la patente.
È iniziato così il periodo in cui la sarta si sarà comprata una villa a Miami grazie alla mia assidua frequentazione e ad un numero imprecisato di jeans da stringere e da accorciare. Erano gli anni in cui andavano i pantaloni larghi in fondo, passando successivamente a quelli che invece scendevano dritti sulla gamba.
Quest'ultimi li ho poi banditi dal mio armadio quando, sugli appendini degli store, sono finalmente arrivati loro, che restano tuttora in auge nelle vetrine dei negozi, tra cui anche Liu Jo: i jeans skinny e stretti da donna.
(Parentesi: alzi la mano chi si ricorda quando, proprio da Liu Jo, i tuoi acquisti venivano infilati nella shopping bag rettangolare, in plastica lucida colorata e dotata di zip, che ha spopolato e veniva poi usata come borsa da giorno?
Ecco, abbracciamoci perché forse siamo quasi coetanee. Momento amarcord.
Tra l'altro io il marchio l'ho conosciuto proprio in quegli anni, ma ho poi scoperto che la sua nascita risale al 1995).

Con l'arrivo degli skinny i problemi di taglia in larghezza non sono comunque scomparsi del tutto e, confesso, all'inizio non ero nemmeno molto sicura che un jeans stretto mi stesse poi così bene, ma direi che ho successivamente cambiato idea. Non perché ritenga che mi stiano a meraviglia come alle modelle sui cataloghi (quando mai) ma nel tempo, un po' com'era accaduto per i pantaloni stretti che terminavano a zampa, ne ho apprezzato sempre più la linea. Li vedo bene infatti su una lunga lista di stili, dalle ballerine alle Converse.
Sarà che forse sono rimasta fossilizzata sulle immagini dei jeans larghi abbinati alle Dr.Martens, ma quelli non li vedrei altrettanto bene con un paio di ballerine a punta tonda (inutile dire che la mia scarpiera è piena di ballerine ma vanta un solo paio di scarpe sportive e quindi sono di parte).
Accanto a ciò, non si può negare che io abbia iniziato ad apprezzare gli skinny jeans anche per una questione di convenienza personale: mi hanno permesso infatti di far (quasi) scomparire il problema della lunghezza!
Questo grazie a quei modelli di jeans al polpaccio (per gli amici di Venezia, "acqua alta"), che saranno pure tali per chi ha un'altezza nella media o oltre, ma per chi è costruito in formato tascabile arrivano giusti alla caviglia.

Il mio 1,55m ringrazia.
Un po' meno la mia sarta che, probabilmente, dalla villa a Miami sarà dovuta tornare nell'italica provincia.
Ora, considerato che sto scrivendo con le calze, la felpa e una tazza di the fumante qui accanto, vi saluto.
Vado a nascondere gli abiti floreali in fondo all'armadio e a rispolverare i miei jeans skinny preferiti.

 
Questo è un post sponsorizzato. Le opinioni espresse sono tuttavia mie e personali e i piccoli aneddoti non sono frutto di fantasia. Insomma, Based on a true story.

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