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Milano è quella città dove torno a cadenza per nulla regolare ma, puntualmente, in periodi ben precisi della
mia vita. Quando vengo a Milano è preludio di un qualche cambiamento.
Non lo so perché, ma mi succede sempre così.
La giornata di trasferta con le compagne di liceo che è avvenuta una vita fa e che nel disegno dei miei
ricordi invece è come fosse accaduta solo una manciata di anni fa. Cose che succedono con l'età, dicono.
Erano i tempi in cui la presenza di un negozio Zara in una città sembrava qualcosa di fantascientifico, per chi
come noi proveniva da cittadine di dimensione ridotta, e nel fu Zara in Corso Vittorio Emanuele (ma c'è
ancora o l'hanno chiuso?) credo di averci passato più tempo di quanto il buonsenso lo consenta quando hai
a disposizione un solo pomeriggio in una città che non è la tua.
Ero adolescente.
Ora da Zara non entro praticamente più.
Poi, qualche anno dopo, c'è stata la volta dei Navigli.
Poi quella in macchina e la mezz'ora persa per trovare il parcheggio della metro di Cascina Gobba, che forse
andare in treno - inizi a pensare - non sarebbe stata una cattiva idea.
La giornata con quelle che sarebbero poi diventate amiche di pixel - e non solo.
Poi, la volta di Brera e del caffè da Marchesi, dove fare le prove generali per spodestare le sciure di
Sciuragrlam, in attesa di avere la pensione (che slancio di ottimismo) una volta arrivata all'età over 70.
Il fatto è che io non lo so bene come si possa dire che "Milano è brutta".
Voglio dire, in che senso? Quale Milano?
Quella di Isola o dei palazzi Liberty, di quando guardi in alto e trovi così tanto da vedere che quasi vai a
sbattere contro un passante sullo stesso marciapiede - mi scusi?
Quella di CityLlife o di Paolo Sarpi?
C'è poi la Milano dei Navigli.
Qui mi fermo a prendere un gelato che sa di mojito - del resto l'unica forma di mojito che riesco ad
assimilare dopo essere diventata quella che tutti scelgono come guidatrice alle feste: cioè, astemia.
Penso ogni volta che, prima o poi, lì ci devo tornare per bere un aperitivo (sì, analcolico) durante il
tramonto, perché ho questa fissazione di abbinare il tramonto ai luoghi belli, ma ancora non sono mai
riuscita a farlo. A restare per la notte, dico.
C'è la Milano delle Colonne. E la scarpinata poi verso via Torino e avanti avanti fino al Duomo.
Un giro alla Rinascente, dove inizio ad accusare qualche colpo e già ringrazio per l'invenzione delle scale
mobili e degli ascensori, a questo punto.
Vicino, la Milano della Galleria (Vittorio Emanuele). Che è bella, bellissima anche solo da guardare dal basso all'alto. Ma dall'alto in basso, dalle finestre di Marchesi al primo piano lo è se possibile un po' di più.
Il caffè lo sento buono ma non so se sia anche merito della visuale sugli stucchi e dei divanetti in velluto color pistacchio.
C'è poi la Milano di Montenapoleone, che per me è sempre un po’ l'Instagram della situazione e dove,
come su innumerevoli account Instagram del resto, a me manca metaforicamente un po' l'aria.
Bella, esagerata a tratti, ma fai quasi fatica a capire cos'è veramente e se in realtà c'è davvero qualcosa da cogliere oltre all'involucro appoggiato lì.
Non lo so, ma nel dubbio salgo sul tram e scendo poco più avanti per andare in Brera.
Brera è un'altra Milano ancora.
È per me una città nella città.
Mi fermo al tavolino di un locale per mangiare fuori su una tovaglia a quadretti vichy bianchi e rossi e
riconoscono subito dall'accento che "non sei qui".
Negozi di belle arti, vie minute e poco caotica.
Bellezza e apparenza ricolma di sostanza.
Mi sento un po' più a casa e lì decido che Brera, tra tutte le Milano dentro Milano, è la mia Milano preferita.
Penso che non sono arrivata neanche lontanamente vicina a Buenos Aires, che non ho girato per Isola né mi
sono fermata mezz'ora a leggere un libro a Parco Sempione ma se non fosse per il male ai piedi non sarei
nemmeno sicura che a quest'ora siano ancora lì, con la giusta articolazione.
All'improvviso l'idea di dover riprendere la metro per Cascina Gobba e mettermi in autostrada mi fa venire
voglia di declinare ogni impegno del giorno seguente - sotto la voce "non ce la posso fare" - e mi pento di
non aver pensato prima a cercare un hotel a Milano tra quelli di Best Western - tra le decine di hotel che
hanno nella sola Milano, una camera la trovo sicuro - chiamare un taxi, dare i documenti in hotel, strisciare
la carta, entrare in camera e buttarmi a dormire su un letto.
Tra l'altro, forse così il tramonto sui Navigli sarei poi riuscita a vederlo davvero.