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Prima di Dottedaround e dei tempi dei blog per come sono intesi adesso, fatti di tematiche specifiche e fibra ottica, c'è stata un'era in cui i blog erano fatti di aneddoti personali e connessioni 56K. O meglio, per buona parte delle città, e anche di diverse zone della mia di città, erano già fatti di internet veloce e banda larga ma qui andavamo ancora a connessioni precarie.
Erano i tempi di Splinder e Iobloggo, di quando se dicevi che avevi un blog ti chiedevano se avessi già contattato un medico e, in generale, del blog non si parlava. Mai. Con nessuno o quasi.
Prima regola del fight club, non si parla del fight club.
Prima regola del blog, non si parlava del blog.
O almeno in linea di massima.
Principalmente perché buona parte dei blog erano diari personali ed essere riconosciuti per le proprie giornate o turbe psicologiche confidate all'etere non era esattamente il sogno di tutti; sicuramente non il mio.
Lontani erano ancora i tempi della cultura del selfie propinato al prossimo su ogni canale digitale e dei profili Facebook corredati di nomi e cognomi.
E nel mio caso erano ancora molto lontane le tecnologie, che lasciavano invece lo spazio ad occhi che si elevavano al cielo davanti all'ennesima telefonata in entrata sul fisso che staccava in automatico la connessione internet proprio quando stavi cercando di ascoltare musica in streaming su Youtube o stavi per premere "pubblica un post". Certo anche i video Youtube andavano prima fatti caricare tutti con calma, molta calma, estrema calma, cioè una calma da 56K, prima di poterli guardare.
Non che le cose a casa mia siano migliorate negli anni con l'arrivo dei servizi di streaming legale di musica, film e telefilm. Anzi.
Negli annali si annoverano infatti tentativi di vedere e commentare un film in contemporanea con una persona dall'altro capo del cellulare, la quale poteva vantare una differenza sostanziale: una residenza in centro città corredata da una connessione internet veloce.
"Ormai è passata mezz’ora, a che punto sei?"
"Si sono caricati i primi 3 minuti"
"..."
Diciamo che un servizio di internet banda larga tipo quello di Eolo, che punta a portare una connessione come si deve in quelle zone remote di Nord e Centro altrimenti difficilmente raggiunte da linee internet veloci, mi avrebbe evitato di far roteare gli occhi all'indietro in più occasioni.
Ma anche di sentire dall'altra parte del telefono:
"Senti, lascialo caricare 30 ore che ce lo guardiamo dopodomani, okay?"
Erano i tempi di Splinder e Iobloggo, di quando se dicevi che avevi un blog ti chiedevano se avessi già contattato un medico e, in generale, del blog non si parlava. Mai. Con nessuno o quasi.
Prima regola del fight club, non si parla del fight club.
Prima regola del blog, non si parlava del blog.
O almeno in linea di massima.
Principalmente perché buona parte dei blog erano diari personali ed essere riconosciuti per le proprie giornate o turbe psicologiche confidate all'etere non era esattamente il sogno di tutti; sicuramente non il mio.
Lontani erano ancora i tempi della cultura del selfie propinato al prossimo su ogni canale digitale e dei profili Facebook corredati di nomi e cognomi.
E nel mio caso erano ancora molto lontane le tecnologie, che lasciavano invece lo spazio ad occhi che si elevavano al cielo davanti all'ennesima telefonata in entrata sul fisso che staccava in automatico la connessione internet proprio quando stavi cercando di ascoltare musica in streaming su Youtube o stavi per premere "pubblica un post". Certo anche i video Youtube andavano prima fatti caricare tutti con calma, molta calma, estrema calma, cioè una calma da 56K, prima di poterli guardare.
Non che le cose a casa mia siano migliorate negli anni con l'arrivo dei servizi di streaming legale di musica, film e telefilm. Anzi.
Negli annali si annoverano infatti tentativi di vedere e commentare un film in contemporanea con una persona dall'altro capo del cellulare, la quale poteva vantare una differenza sostanziale: una residenza in centro città corredata da una connessione internet veloce.
"Ormai è passata mezz’ora, a che punto sei?"
"Si sono caricati i primi 3 minuti"
"..."
Diciamo che un servizio di internet banda larga tipo quello di Eolo, che punta a portare una connessione come si deve in quelle zone remote di Nord e Centro altrimenti difficilmente raggiunte da linee internet veloci, mi avrebbe evitato di far roteare gli occhi all'indietro in più occasioni.
Ma anche di sentire dall'altra parte del telefono:
"Senti, lascialo caricare 30 ore che ce lo guardiamo dopodomani, okay?"